Fernando Botero @Roma: mostra al Vittoriano

Ciao a tutti! 

Con la mostra di Boldini ancora in corso, il Museo del Vittoriano ci propone una mostra interamente dedicata al pittore e scultore colombiano Fernando Botero. Alzi la mano chi non ne ha mai sentito parlare! Con le sue donne dalle forme generose, infatti, Botero è uno dei pittori sudamericani più celebri in tutto il mondo. Ripercorriamo brevemente la sua vita e diamo un’occhiate alle sue opere principali!

Nato nel 1932 a Medellín, Colombia, è un talento precoce: già a sedici anni infatti pubblica illustrazioni per “El Colombiano”, principale quotidiano della sua città natale, ed espone per la prima volta. A soli diciannove anni, a Bogotá, gli dedicano la prima mostra personale. Dopo aver compiuto i vent’anni investe i soldi del secondo premio dell’IX Salone degli artisti colombiani per un viaggio studio in Europa. Qui visita la Spagna, la Francia e l’Italia, restando affascinato da artisti dcome Giotto e Andrea del Castagno, di cui esegue delle copie, restando fedele allo stile pittorico che lo ha reso famoso. Dopo essersi sposato, Botero espone a Washington alla Gres Gallery. La mostra è un successo: riesce a vendere tutte le opere il giorno stesso. Negli anni Ottanta acquista una casa in Italia a Pietrasanta, in provincia di Lucca, per stare vicino alle cave di marmo, materia prima per alcune delle sue sculture. Nel 2007 sette statue di Bronzo che l’artista aveva realizzato e che erano esposte nel paese vengono trafugate. Finora ne sono state recuperate solo tre e i colpevoli sono stati consegnati alle forze dell’ordine.

Lo stile pittorico di Botero, con i suoi personaggi “grassi”, è riconoscibile tra mille. Questa peculiare caratteristica che contraddistingue il suo stile ebbe inizio nel 1956, quando l’artista ha ventiquattro anni, e contrariamente (e anche un po’ inaspettatamente) rispetto a quello che si potrebbe pensare, non applicò la sua “dilatazione” a una figura umana o a un essere vivente, bensì a un oggetto: un mandolino. L’artista stava dipingendo uno studio per una natura morta (poi divenuta nota come Natura morta con mandolino) e aveva però raffigurato il foro di risonanza dello strumento in proporzioni decisamente più piccole rispetto al normale, con la conseguenza che il mandolino risultava molto più tozzo e allargato rispetto a un mandolino raffigurato con il foro nelle proporzioni corrette. L’artista fu allo stesso tempo colpito e visceralmente attratto da questa forma dilatata oltre il naturale, perché gli evocava una profonda sensualità. Dopo aver dunque “dilatato” il mandolino, Botero trovò il suo stile, e iniziò a dilatare le forme di altri oggetti, di animali, di esseri umani, conferendo a tutti quell’aspetto “grasso” che costituisce un po’ il suo marchio di fabbrica.

La domanda che a questo punto può sorgere è: perché Botero ritiene che la dilatazione delle forme sia sensuale, soprattutto se pensiamo che il suo ideale di donna, come lui stesso ha dichiarato, corrisponde a una figura esile? L’artista, come ha avuto modo di affermare, associa le forme dei suoi soggetti al piacere, all’esaltazione della vita, perché l’abbondanza comunica positività, vitalità, energia, desiderio: tutti concetti che hanno a che fare con la sensualità, intesa tuttavia non tanto in senso erotico quanto come espressione di piacere. Si tratta di una concezione ancestrale, radicata nel sostrato culturale delle società primitive, incluse quelle dell’America Latina, per le quali bellezza e abbondanza erano concetti strettamente collegati (ancora oggi per molti sudamericani una bella donna è considerata tale in virtù delle sue forme generose).

La dilatazione è divenuta quindi il segno più immediatamente riconoscibile dello stile di Fernando Botero, tanto potente da venire applicato anche a quei soggetti che tutto dovrebbero ispirare meno che piacere (l’artista, durante la sua carriera, ha affrontato anche temi tragici nelle sue opere, a cominciare dalla Passione di Cristo, a cui ha dedicato un ciclo di dipinti eseguito tra il 2010 e il 2011). Per alcuni le sue opere sono poco serie, quasi infantili. Per altri sono ripetitive e noiose. Per altri ancora sono dotate di un significato profondo (una critica alla società dei consumi, una proposta alternativa di canone di bellezza, e via dicendo). Quel che è certo è che Fernando Botero è un artista che, indubitabilmente, fa discutere a ogni latitudine ed è apprezzato da un pubblico vastissimo ed eterogeneo, che ovunque affolla le sue mostre: una sorta di idolo moderno dell’arte investito di tale ruolo per acclamazione popolare. 

 

“Fernando

(Fernando Botero, Il club di giardinaggio (1997; olio su tela, 191 x 181 cm)

“Fernando

(Fernando Botero, I giocatori di carte (1991; olio su tela, 152 x 181 cm)

“Fernando

(Fernando Botero, Il bacio di Giuda (2010; olio su tela, 138 x 159 cm)

(Fernando Botero, camera da letto)

(Fernando Botero, Mona Lisa)

 

 

Alla prossima 

DOROTHEA LANGE: Testimonianza di un’epoca

Buon giovedì

Riprediamo il nostro periodico appuntamento con la fotografia: in particolare, oltre a condividere con voi piccole pillole “tecniche”, voglio soprattutto inserire, in questa rubrica, un piccolo portfolio dedicato ai fotografi che personalmente amo di più, soprattutto se poco conosciuti. Ma non è questo il caso, oggi, poichè voglio parlarvi di una fotografa entrata nella storia grazie ad uno scatto, Migrant Mother, realizzato in California nel 1936 e che è diventato l’icona della sofferenza di un’intera nazione durante la grande Depressione americana. Dorothea Lange ha documentato, tra il 1935 e il 1939, la condizione di migranti, braccianti ed operai, offrendo un ritratto dell’America rurale mai visto prima. Vede, fotografa e vive la triste povertà dei lavoratori, le loro precarie condizioni delle famiglie che sono costrette a migrare una continuazione da un  posto all’altro d’America per cercare lavoro. Avvilimento, disperazione sono sentimenti che emergono chiaramente dalle foto della Lange ma non solo. C’è forza, orgoglio, dignità nei volti fotografati, coscienza che vive negli sguardi di chi è consapevole e affronta il proprio destino.

Questo lo scatto che l’ha resa celebre, il soggetto è una donna 32enne, Florence Owens Thompson, madre di sette figli, immortalata nei pressi di un campo di piselli in California (il titolo originale, infatti, è Destitute Pea Picker). Esiste un curioso fatto che riguarda questa fotografia: nello scatto originale (conservato alla Library of Congress di Washington), appare il dito di una mano in basso a destra, che però nella foto andata in diffusione di stampa è stato ritoccato. Sul sito della Library of Congress è possibile visionarle entrambe.

Grazie ai suoi numerosi reportage, la Lange ha svelato agli americani un lato del paese a loro sconosciuto. Ve ne lascio di seguito alcune tra le più intense, sperando possa farvi riflettere e scoprire un aspetto degli Stati Uniti che non avevate mai considerato.

https://sorellelumiere.files.wordpress.com/2012/07/10462_dorothea_lange.jpg https://sorellelumiere.files.wordpress.com/2012/07/artwork_images_911_113813_dorothea-lange.jpg https://sotamedialab.files.wordpress.com/2015/09/dorothea-lange-mississippi-delta-negro-children-1936.jpghttps://s-media-cache-ak0.pinimg.com/originals/04/cd/92/04cd927717b57209048e62e31b0343d5.jpghttps://sotamedialab.files.wordpress.com/2015/09/migrantguitar.jpghttps://i0.wp.com/www.espritsnomades.com/artsplastiques/langedorothea/lange-coca-cola-baby-bottle-mother-and-children-tulelake-siskiyou-county-california-dorothea-lange-1939.jpghttps://inquisizia.files.wordpress.com/2016/04/poor_mother_and_children_california_1936_by_dorothea_lange.jpghttps://lavenapoetica.wordpress.com/wp-content/uploads/2017/02/c71ff-dorothea-lange-depression-inspiration-motherless-migrant-children-inithe-cotton-1935.jpghttps://s-media-cache-ak0.pinimg.com/originals/9a/01/9c/9a019c2ba36f7d4c48ca761137bb07e4.jpghttps://i0.wp.com/www.atgetphotography.com/Images/Photos/DorotheaLange/lange5.jpg

Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate!

Alla prossima 

STANLEY KUBRICK: il fotografo che non conoscevate

Buon sabato! ♡

Non tutti conoscono lo Stanley Kubrick fotografo: gli intenditori ed amanti del cinema se lo ricordano come il geniale regista di Arancia Meccanica (1971), Shining (1980) e Full Metal Jacket (1987).

In pochi però sanno che il regista, nato a New York da una famiglia di origine ebraica, ha immortalato, a soli 17 anni, la metro di New York, in una serie di scatti oggi deliziosamente vintage. Queste istantanee sono datate 1945 – 1950, al tempo in cui Stanley lavorava per la rivista Look.

stanley-kubrick-giovane-fotografa-metro-new-york-04

Le immagini ritraggono momenti romantici, divertenti o semplici particolari di vita quotidiana che trasportano lo spettatore nell’epoca dell’immediato dopoguerra americano, il momento in cui gli Stati Uniti sarebbero diventati la prima potenza mondiale.

stanley-kubrick-giovane-fotografa-metro-new-york-01

stanley-kubrick-giovane-fotografa-metro-new-york-05

stanley-kubrick-giovane-fotografa-metro-new-york-06

stanley-kubrick-giovane-fotografa-metro-new-york-10

stanley-kubrick-giovane-fotografa-metro-new-york-09

stanley-kubrick-giovane-fotografa-metro-new-york-02

stanley-kubrick-giovane-fotografa-metro-new-york-08

stanley-kubrick-giovane-fotografa-metro-new-york-03

stanley-kubrick-giovane-fotografa-metro-new-york-07

Cosa ne pensate? Per me queste immagini sono una vera e propria macchina del tempo!

Alla prossima ♡

JANET DELANEY: Un ritratto della New York degli anni 80

Buon martedì! ♥

Oggi voglio inaugurare la sezione fotografia facendovi conoscere una delle mie fotografe preferite, Janet Delaney, attraverso meravigliosi scatti che ritraggono la Grande Mela durante i favolosi, fantastici, unici ANNI OTTANTA (una delle mie decadi preferite ♥)

Dal 1984 al 1987, la fotografa californiana ha documentato scene di vita quotidiana per le strade di New York City, una metropoli che l’attraeva poiché così diversa dai tranquilli sobborghi di Los Angeles in cui era cresciuta. Con la sua Rolleiflex a doppio obiettivo, la fotografa ha vagato per le strade di Manhattan, incrociando sconosciuti che ha poi immortalato. Le sue immagini eclettiche, viste oggi, formano un ritratto sorprendente di New York e dei suoi abitanti, che conducono la loro vita quotidiana.

Vi lascio ora ai suoi scatti!

Alla prossima ♥

fotografia-new-york-abitanti-anni-80-janet-delaney-11

fotografia-new-york-abitanti-anni-80-janet-delaney-12

fotografia-new-york-abitanti-anni-80-janet-delaney-14

fotografia-new-york-abitanti-anni-80-janet-delaney-15

fotografia-new-york-abitanti-anni-80-janet-delaney-10

fotografia-new-york-abitanti-anni-80-janet-delaney-09

fotografia-new-york-abitanti-anni-80-janet-delaney-08

fotografia-new-york-abitanti-anni-80-janet-delaney-13

fotografia-new-york-abitanti-anni-80-janet-delaney-06

fotografia-new-york-abitanti-anni-80-janet-delaney-01

fotografia-new-york-abitanti-anni-80-janet-delaney-05

fotografia-new-york-abitanti-anni-80-janet-delaney-04

fotografia-new-york-abitanti-anni-80-janet-delaney-02

fotografia-new-york-abitanti-anni-80-janet-delaney-03

Allora, che ve ne pare? Magnifiche foto, vero? Se avete voglia di approfondire, vi lascio la pagina Facebook della fotografa, https://www.facebook.com/janetdelaneyphotography/